Testo di Roberto Valtorta

Milano, 26 ottobre 2009

Desidero brevemente presentare Luca Casonato e il suo lavoro.
Luca Casonato (San Donà di Piave 1977) realizza le sue ricerche fotografiche dai primi anni Duemila orientando la sua attenzione principalmente verso il paesaggio, anche se non mancano nella sua produzione alcuni interessanti lavori dedicati al tema del volto umano e dell’identità, pensati sia per la fotografia che per la rete. Caratterizzano le scelte progettuali dell’autore due precisi elementi: la ricerca costante della serialità e della modularità presenti nel paesaggio contemporaneo – frutto di una propensione e di un metodo di natura quasi scientifica nell’indagare il reale – e il coraggioso impiego, non privo di ironia, di colori accesi e molto ben definiti di sapore quasi neo-pop – che costituisce un codice tecnico-espressivo molto forte.
Questi elementi si ritrovano ampiamente in alcune serie recenti, quali Acqua di notte, nella quale Casonato propone paesaggi visionari quasi sfidando la bellezza insieme dell’acqua, del cielo, della luce e dei colori della notte costruiti fotograficamente; Beautiful cities, nella quale riflette sulla ripetitività ossessiva di certa edilizia residenziale contemporanea organizzata in villette dall’aspetto di modellini, messa in evidenza da una coloritura delle immagini di sapore assai artificiale; TrashScape, insieme di variazioni sul tema dell’orizzonte, dunque immagini simbolo del paesaggio stesso; e infine la più recente Colliders, una sorta di elegia della raffinatezza delle macchine e della tecnologia, condotta sul filo di affascinanti texture e, nuovamente, di colori brillanti e irreali.
Le ricerche di Luca Casonato hanno la qualità di apparire diverse tra loro eppure legati da una notevole coerenza che discende soprattutto dal modo di strutturare l’immagine e di pensare il mondo nella forma di un articolato insieme, nel quale grandi paesaggi oppure particolari dell’ambiente si affacciano contribuendo a creare un vasto mosaico che immaginiamo l’autore intenda continuare a costruire metodicamente nel tempo.

Roberta Valtorta

Colliders

Testo di Francesco Jodice

Ci sono due fotografie. La prima restituisce una descrizione semplice di un evento, di un fatto o di un fenomeno: un uomo che salta una pozza tenendosi il cappello, un soldato immortalato nell’istante in cui viene folgorato da un proiettile, una donna che piange mentre stringe il corpo senza vita del figlio. Fotografie che ci mettono di fronte ad una realtà semplificata, dove tutto è o bianco o nero, fotografie che non ci lasciano dubbi, per fortuna. Ci sono poi le altre fotografie, quelle incomplete, fatte di frammenti, braille di una realtà che naturalmente è più complessa di una fotografia didascalica. Le fotografie di Luca Casonato ed il progetto Colliders appartengono a questa specie e lo fanno costringendoci in una posizione ambigua. Le fotografie di Colliders apparentemente ci vengono incontro, sembrano lasciarsi comprendere per la loro costruzione frontale, perché tutto ci sembra contenuto e descritto, ma dietro questa superficie elementare ci scopriamo incapaci di dare un senso alle cose in esse contenute. Gli elementi figurativi sono nitidi ed evidenti ma ne ignoriamo le funzioni, i colori brillanti ma nessuna legenda ci aiuta a declinarne i valori. Ci troviamo di fronte a immagini tanto chiare formalmente quanto oscure per implicazioni, significati, destinazioni. Credo che in generale oggi esistano due forme della fotografia, una parla delle cose in esse contenute, l’altra contiene cose che rimandano ad eventi che, per usare una bella espressione cinematografica di Howard Hawks, non appartengono ad una precisa “unità spaziotemporale”. Colliders, realizzato in quei santuari della scienza dove si indagano le origini del cosmo o il principio della materia, opera un doppio lavoro, interrogandoci anche sul senso della rappresentazione delle cose nell’era della evidenza perfetta. Fotografie che ci educano a porre domande complesse e a porci solidi dubbi anziché restituirci una illusoria immagine semplificata della realtà. Per fortuna.