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Quando ciò che è privato diviene pubblico,
da individuale si trasforma in una questione collettiva.

La pubblicazione su Instagram di una foto che mi ritrae nuda provoca una risposta negli altri che trasforma emotivamente e politicamente il rapporto con il mio corpo e con le altre persone, di riflesso anche chi esperisce l’immagine trasforma la relazione con la propria intimità.

A fine 2019 ho iniziato a postare sul mio profilo IG personale delle fotografie che mi ritraevano nuda o semi-nuda, ho iniziato un po’ per gioco: ogni post era accompagnato da una caption che ironizzava sui feticismi dei graphic designer. Nonostante il carattere più umoristico che erotico la pubblicazione di quegli scatti ha istantaneamente varcato il limite sociale che impone che la nudità sia confinata alla sfera privata, consentendone il passaggio al pubblico solo se socialmente legittimato. Non è così mal visto postare delle foto senza vestiti sul proprio profilo se si tratta di nudo artistico, dove il corpo diviene altro grazie all’azione dell’artista/fotografo, o se a postare è una modella o un modello professionista, il cui lavoro è socialmente accettato, anzi da molte e molti ambito.Ma se a postare una foto di nudo è una persona qualsiasi si genera un’incomprensione, tra chi posta e chi consuma l’immagine, figlia del grande tabù che è la nudità, fortemente radicato nella cattolicissima cultura italiana.

Mi fotografo nuda o semi-nuda da quando avevo circa quattordici anni, in maniera istintiva e amatoriale; più come pratica di conoscenza del mio corpo e ricerca erotica che per uno studio estetico della forma. Fino all’anno scorso non avevo mai condiviso i miei scatti con nessuno al di fuori di pochissime persone molto intime.
Pubblicare sui social fotografie che ritraggono parti del corpo che si è abituati a coprire e nascondere a causa di un pudore indottrinato o di una mancata accettazione personale richiede un grande atto di autodeterminazione. Rendere pubblica la nudità è una pratica che serve a riappropriarsi duplicemente del proprio corpo: la prima appropriazione avviene quando la persona si riconosce negli scatti, la seconda quando gli scatti vengono pubblicati e si affronta il giudizio altrui.
Nel momento in cui i miei scatti hanno superato il confine tra privato e pubblico le risposte all’interno della mia, seppur piccola, comunità IG sono state molteplici: unfollow, follow, “perché lo fai?”, chi mi ha chiesto se stessi passando un periodo difficile della mia vita, chi non commentava online e poi un fiume di battutine di persona, dickpics, boobspics. Ma il commento in assoluto più importante è stato il seguente:
“se non ti conoscessi di persona, e sapessi che sei una persona seria, penserei che sei una troia, o una che hai bisogno di attenzioni”.
Ci vorrebbero ben più pagine per trattare questa frase che, mascherata da complimento, racchiude un maschilismo che riconosce una polarizzazione della donna seria/troia e che sembra accettare come un’unica motivazione della nudità pubblica femminile una silenziosa richiesta di attenzioni maschili. Questa frase ha dato materia a qualcosa che avevo solo percepito attraverso i feedback di altre persone, ha reso visibile ciò che aleggiava come invisibile, delineando l’urgenza di parlare e aprire delle discussioni: riguardo la percezione della nudità, il ruolo della donna, i canoni di bellezza femminili, la sensualità maschile, la necessità del femminismo per la liberazione di tutti i corpi.
In questo la piattaforma social di Instagram è stata ed è estremamente utile, e al contempo profondamente inadatta: se da una parte favorisce l’unione e la connessione di persone che hanno gli stessi interessi, permette spunti di riflessione attraverso la condivisione di post, storie e dirette, di creare delle profonde discussioni collettive e di sensibilizzare su molti argomenti poco conosciuti; dall’altra parte effettua una censura fortissima sul nudo, appiattisce la lettura delle immagini e può favorire una superficialità nei contenuti.

Perché la società ha relegato nella sfera privata qualcosa di così naturale?
Cosa c’è di così spaventoso nella nudità?

La censura delle immagini a cui bisogna sottostare per pubblicare su Instagram rende la fotografia di nudo omogeneamente pornografica, a discapito della naturalezza e dell’erotismo. In tal modo si rafforza quella legge non detta che sancisce la normalizzazione del pudore e la demonizzazione della nudità; il corpo nudo non è più naturale ma diviene sempre erotico o pornografico. Nelle immagini che ho pubblicato in questi mesi ho cercato di passare dal naturale, all’erotico al pornografico in modo da sperimentare in prima persona cosa mi piacesse e volessi trasmettere con il mio corpo nudo, ma anche e soprattutto capire cosa queste immagini suscitassero nelle persone.
Riguardo una delle fotografie che ho postato (che qui si trova in background nella penultima pagina) un amico ha detto di non essere riuscito a guardarla, in quanto troppo schietta e intima. Questa immagine mi ritrae a gambe aperte, con uno sguardo naturale, sul letto dei miei genitori nella mia città natale, accanto al mio gatto. Non è un’immagine fotograficamente bella, ma per me è l’unica del mio profilo che racchiude la naturalezza, l’erotismo e la pornografia. La naturalezza della mia posa, del mio sguardo e dell’essere nella casa in cui sono cresciuta facendo un autoscatto come quando avevo quattordici anni, l’erotismo raccontato dall’ambiente e dagli oggetti, la pornografia dei genitali esplicitamente in vista.

Da quando ho iniziato a pubblicare queste foto la mia sicurezza è aumentata. Non so se questo derivi dalla libertà di aver reso pubblica una parte di me, quella più intima e selvaggia che ci abituano fin da piccoli a relegare in una piccola parte privata della nostra vita, o se è grazie alle discussioni e al riconoscimento datomi dagli altri.

Come in un gioco di specchi: sono io con il mio corpo nudo, tu con il mio corpo nudo, nuovamente io con il mio e poi tu con il tuo.

Il passaggio alla sfera pubblica mi ha portato ad attenzionare maggiormente la forma e la parte estetica delle immagini, così cercando reference sui social ho iniziato a seguire altre ragazze che si fotografavano o si facevano ritrarre da altri fotografi, quindi anche questi ultimi. Così ho scoperto un mondo: la fotografia di nudo su Instagram. C’è una comunità fatta di donne e (pochissimi) uomini che posano, e di fotografe e fotografi che le e li ritraggono; la maggior parte lo fa per passione, senza averne alcun guadagno economico.
Così è successo che una mattina mi sono ritrovata a casa mia a farmi ritrarre nuda da un fotografo. Ciò che mi ha sorpreso di più è stata la naturalezza di questa esperienza; mentre scattavamo abbiamo parlato di tutto, ci siamo conosciuti e messi a nudo entrambi, è stato come conoscersi in profondità in un breve lasso di tempo. Passare una mattinata, un pomeriggio, uno o più giorni con una fotografa o un fotografo per scattare insieme delle fotografie di nudo senza probabilmente essersi mai visti prima è un’esperienza unica. Non è sempre detto che accada ma in quelle ore insieme si crea una connessione e un’intimità molto forti; è liberatorio essere nudi in una stanza con una persona con cui—spesso ma non sempre—condividi la visione sulla nudità, sulla sessualità e molto probabilmente su molte altre questioni della vita. È affascinante vedersi nudi attraverso gli occhi di qualcun altro che non ti conosce: ognuno si sofferma su delle parti di te su cui non ti eri mai soffermata, che forse non avevi mai guardato attentamente. È un lavoro in cui ti conosci, definisci il controllo e lo perdi, definisci dei limiti e li lasci andare; non è detto che questo accada sempre, è importante l’intento e la consapevolezza con cui si vive l’esperienza.

La fotografia di nudo sui social può servire a rafforzare quanto a distruggere i canoni relativi alla donna e al corpo femminile. Un’amica mi ha detto che guardando le mie foto si è domandata come sarebbe se il mio corpo non fosse “convenzionalmente attraente”, e un’altra mi ha detto che guardare le mie foto genera in lei una sensazione di disagio perché vorrebbe un corpo più magro. Tra il corpo femminile e la sua percezione di esso vi sono dei canoni a cui è impossibile aderire per la maggior parte delle donne. Sarebbe bello poter dire che questa nuova ondata di fotografia di nudo su Instagram non è succube di questi canoni, ma non sarebbe vero. I fotografi sono spesso uomini, sulla quarantina, che vivono in questa società e che spesso portano avanti, anche inconsciamente, questi canoni di bellezza femminili. Ma spesso, se non quasi sempre, non si sfugge dalla necessità inconscia di aderire ai canoni contemporanei anche con gli autoscatti. Nell’atto di fotografarsi ed essere fotografati si continua a combattere contro questo ingranaggio mentale, in modo da auto-definirsi, emanciparsi ed accettarsi.

Mettere a nudo: scoprire (nel senso di mettere allo scoperto), liberare da ciò che avvolge o riveste o ricopre, esponendo alla vista.
Fig. Rivelare pienamente, senza reticenze o sottointesi.

I canoni da distruggere non sono sicuramente solo quelli femminili. Gli uomini hanno paura a mostrarsi nudi perché ciò rivelerebbe una sensualità, delle incertezze e debolezze rigettate dal modello di mascolinità con cui sono cresciuti; un modello tossico figlio del sistema eteronormativo in cui viviamo. Se alcuni, pochissimi, uomini riescono a rigettare tale modello e decidono di autoritrarsi e farsi fotografare, sono messi di fronte al problema di trovare dei fotografi disposti a scattarli. Spesso i fotografi uomini, succubi del medesimo sistema, si rifiutano perché si sentono a disagio a scattare un corpo nudo maschile; alcuni accettano solo se si tratta di una coppia, altri scattano esclusivamente corpi femminili. È necessario vedere, scattare e mostrare tutti i corpi nudi, in modo da celebrare le diversità e distruggere modelli e stereotipi.

Io non ho conosciuto e posato per così tanti fotografi e fotografe, proprio nei giorni in cui sto scrivendo questi appunti mi sto accordando con più fotografe e fotografi, per continuare a fare esperienze anche in questa direzione. La mia ricerca sul corpo nudo però è e vuole essere un percorso, o meglio una deriva, personale slegata dal resto. Così continuo a farmi autoscatti, a parlare e a scrivere di nudità.

**È importante sottolineare che quando all’interno dell’articolo si parla di femminile e maschile, di uomini e donne, non si fa riferimento al sesso biologico ma a chiunque si riconosca in queste categorie, nella maniera che preferisce.

Frammenti di discussioni private su IG:

X - Sono argomenti complessi, ai quali penso spesso e per i quali mi sento sempre insufficientemente preparata. Anche le parole alle volte non aiutano, penso che in questi casi vadano scelte con attenzione.
Ci provo, senza impegnarmi troppo. Quel che intendevo dire è che penso sia una cosa audace condividere su queste piattaforme immagini di nudo. E penso che sia ancora più forte interrogare e interrogarsi sulle implicazioni (passami il termine) che questo comporta. A volte vorrei sentirmi di farlo anche io, fregandomene, to empower and feel empowered. Come si direbbe in inglese. Per aprire una discussione senza “eventuali ripercussioni”.
A volte mi chiedo anche come sarebbe percepita la stessa azione con un corpo non considerato “convenzionalmente attraente”.
Grazie per aprire questo tipo di dialogo, sarei curiosa di conoscere le risposte e i riscontri che stai ricevendo! Un abbraccio!

XX - A me il tuo corpo piace, non mi eccita ne mi suscita invidia. Non conosco la tua storia ma soffro perché ho sempre voluto un corpo come il tuo e non lo avrò mai. Tuttavia sono contenta di vederlo. Credo sia un’invidia sana che, insieme ad altre, porterà a un mio benessere personale. Fine, baci <3

XXX - Ma se ti chiedo di vederci per scattare, ma poi in realtà è solo un pretesto per uscire, perché non sono un fotografo?

XXXXX - Salve piacere!Complimenti per gli scatti e il secondo profilo! Cortesemente volevo chiederle se fosse disponibile a vendere foto dei suoi piedi oppure cam… grazie mille! e buona giornataXXXX - è davvero assurdo rendersi conto di quanto sia soggettivo il “convenzionalmente attraente”. Tu dici così della terra da cui vieni mentre per me è il contrario. Alte, slanciate, sportive, col seno piccolo considerate lo standard di bellezza. Mentre la mia terza, le mie cosce che si toccano, i fianchi morbidi… non compatibili con lo standard in vigore nella “mia” terra. A voler far contenti gli altri non si arriva alla pace mai.

X - Una mia amica ieri vedendo che guardavo la tua foto mi fa “però poteva fare un’espressione più sensuale” al che mi sono trovata a spiegare perché lo fai… e niente mi ha ripetuto la stessa frase e mi ha fatto capire che anche le donne hanno una visione maschile del nudo.

XXXX - in realtà mi lascia perplessa il social, in generale proprio, per me i social sono una roba talmente strana, anche per me da utilizzare proprio che quando vedo che una persona li usa in un certo modo mi viene automaticamente da pensare che quella persona ha un problema, cioè nel senso, che però ha un attimo di sfaso in cui ha bisogno di farsi vedere, perché di fatto i social servono per farsi vedere, no? Però in realtà poi ci penso e dico “perché no? Perché non lo deve fare? Alla fine fa passare un messaggio per me totalmente positivo”. Il mio unico dubbio è sui social, perché in generale sono difficili da usare in un modo equilibrato.

X - L’ostacolo principale che sento è che Instagram da un lato favorisce questo mostrarsi dall’altro un po’ ti giudica con la censura non riconoscendo la parte artistica. Però comunque non saprei dare una soluzione. L’unica cosa che si può fare, credo è sensibilizzare gli uomini all’edonismo.

XX - Cerca di non farti chiudere il profilo però!

photo credits: Gabriele Chiapparini, Camilla Marrese, Cecilia Nobili/Godzscilla, Fernanda Kioki Villari, Anton Zip